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Interviste

Vincenzo Donatiello: sommelier tristellato con una marcia in più

By 25 Novembre 2015Settembre 14th, 2018No Comments
Vincenzo Donatiello: sommelier tristellato con una marcia in più 1

Vincenzo Donatiello, lucano, classe 1985, si alza ogni mattina per gestire una cantina da 1500 etichette, oltre a studiare i migliori abbinamenti enologici ai piatti di un ristorante con 3 stelle Michelin, il Piazza Duomo di Alba, in provincia di Cuneo. Ristorante che la classifica World’s 50 best Restaurants ha eletto al 41° posto per importanza mondiale: a settembre del 2013 è infatti approdato alla corte di Enrico Crippa in qualità di wine director del Piazza Duomo di Alba (Cn). Bella responsabilità per un, allora, ventottenne e scommessa azzardata per lo chef Enrico Crippa, artefice di tanti e importanti successi, e la famiglia Ceretto. Ma non così azzardata.

Ci racconti, quando è perché ha deciso di diventare sommelier?

Mi sono appassionato alla sommellerie a circa 17 anni, frequentavo l’Istituto alberghiero a Vieste (FG) e avevo già avuto qualche esperienza estiva in Romagna, ma la vera e propria scintilla avvenne l’anno successivo quando ho avuto l’occasione di partecipare al concorso per il Miglior Sommelier Junior d’Italia e, con mia grande sorpresa, lo vinsi.

Come ha iniziato?

L’esperienza da sommelier è arrivata dopo diversi anni che lavoravo in sala: dapprima in un piccolo ristorante del riminese, poi a La Frasca a Milano Marittima, ancora da Pascucci al Porticciolo a Fiumicino e al Piastrino di Pennabilli, per poi approdare a Piazza Duomo nel 2013.

Quanti vini assaggia all’anno?

Tra i vini che apro al ristorante e quelli assaggiati in cantine, per fiere e viaggi gastronomici supero, in questi ultimi tempi, i 10mila assaggi per anno.

Quali sono, secondo Lei, le caratteristiche che il sommelier di un ristorante del livello di “Piazza Duomo” deve avere?

Umiltà, passione, curiosità e una predisposizione naturale al contatto con il pubblico, serve quasi una devozione nei confronti del cliente. Altre caratteristiche importanti sono la pazienza e la capacità di ascolto, utili a costruire un rapporto sano con il team di lavoro. Un grande uomo di sala, e quindi un sommelier, deve essere prima di tutto un cliente – grande insegnamento di Antonio Santini – quindi bisogna visitare gli altri ristoranti e provare le cucine più disparate per poter accrescere il proprio bagaglio di esperienze.

Quando un cliente chiede un vino che non sembra correttamente abbinato al piatto ordinato, trova giusto farglielo notare?

Non trovo sia giusto condizionare la scelta di un cliente. Dobbiamo ricordare che siamo al suo servizio e non è sempre detto che la scelta di un abbinamento possa incontrare al 100 % i gusti di un cliente. Il sommelier deve anche saper capire quando è il momento di fare un passo indietro.

Ci descriva il suo modo di lavorare e di approcciare il cliente e il modo di consigliarlo nelle giuste scelte.

Cerco di scambiare qualche chiacchiera di introduzione con il cliente, carpirne i gusti e i desideri, per poi proporre diverse etichette che possano incuriosirlo e portarlo alla scelta finale.

Nella sua carriera ha avuto dei maestri a cui si ispira? Ci sono dei colleghi che stima particolarmente?

Tra i primi maestri sicuramente Roberto Gardini che incontrai per la prima volta durante il concorso di Miglior Sommelier Junior d’Italia nel 2004, un rapporto che è poi cresciuto nel tempo, avendo avuto Roberto tra i miei insegnanti in AIS e avendo lavorato insieme a La Frasca. Poi, sempre tra i docenti AIS, Giancarlo Mondini, Bruno Piccioni e Giorgio Amadei, veri pilastri della didattica dell’Associazione. In ambito lavorativo devo molto a Gianfranco Bolognesi, uno dei grandi sommelier della ristorazione italiana. Tra i colleghi, senza voler far torto a nessuno, cito Alessandro Pipero che con la sua verve sta trasformando il servizio di sala e del vino. Come non citare poi due maestri senza tempo come Giorgio Pinchiorri e Antonio Santini, loro sono la storia della nostra ristorazione e rappresentano un punto di riferimento unico per la mia generazione.

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I suoi “guru”?

Arriva un momento della propria carriera e vita che bisogna dedicare più spazio all’esperienza personale e non seguire più un guru. Questo non per superbia o snobismo, piuttosto per una fase di crescita personale e caratterizzazione di quella che è la propria ricerca e maniera di intendere il vino e il servizio.

Il suo rapporto con il Maestro Sommelier Roberto Gardini?

Come detto prima, Roberto è stato uno dei miei primi incontri con il mondo della sommellerie ed è stato sempre presente nel mio percorso di crescita personale e professionale. A lui devo tanto e non riesco mai a ringraziarlo abbastanza. Mi piacerebbe poter scambiare qualche chiacchiera in più con lui davanti ad un buon bicchiere, ma gli impegni di entrambi limitano troppo spesso gli incontri tra noi.

Cosa cambierebbe oggi del mondo del vino?

Sinceramente non cambierei nulla, anche se pieno di contraddizioni il mondo del vino è bello così come è!!

Quali regioni, secondo Lei, hanno grandi margini di crescita nel mondo del vino?

Sicuramente c’è un cambio di passo in tante regioni italiane dove finalmente si è deciso di puntare sulle varietà autoctone senza dover rincorrere la moda del momento o l’enologo di grido di turno. In particolare sto trovando tante produzioni interessanti all’inetrno del panorama calabrese.

Cosa consiglierebbe ad un giovane che capisce di voler intraprendere la carriera da sommelier?

Viaggia, studia e assaggia. Il mondo del vino è in continua evoluzione, non bisogna mai sentirsi arrivati e credere di aver scoperto o capito tutto. L’anima del nostro lavoro è la ricerca, ed è poi ciò che ci permette di non annoiarsi mai perché c’è sempre qualche confine da superare quando si vive di sete di sapere.

Mario Soldati scriveva che l’Italia è “il Paese più bello del mondo per chi ha la pazienza di cercare e la fortuna di trovare”, enologicamente parlando, pensa sia ancora così?

Assolutamente si, c’è una generazione di vignaioli in pieno fermento e tra sperimentazione di nuove idee e ritorni al passato, ogni cantina ha qualcosa di nuovo da trasemttere a noi sommelier e al consumatore finale. È come se ogni piccolo o grande progetto che nasca oggi nell’Italia del vino segnasse una piccola rivoluzione dalla quale ne possano partire altre. Sta a noi sommelier non smettere mai di cercare.

 

Intervista: Simona Pahontu