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Interviste

“Il segreto è non sentirsi mai arrivato!” intervista a Ottavio Venditto

By 17 Luglio 2017Settembre 14th, 2018No Comments
“Il segreto è non sentirsi mai arrivato!" intervista a Ottavio Venditto 1

La serata del 15 giugno all’Abbazia di Praglia si avvicina! Conosciamo meglio colui che ci introdurrà alla scoperta dei vini del Sudafrica: Ottavio Venditto, miglior sommelier d’Italia nel 2014.

Ottavio Venditto è un trentunenne veneziano determinato e ambizioso. Nonostante la giovane età, vanta infatti diverse esperienze internazionali e un prestigioso titolo: quello di miglior sommelier d’Italia per l’anno 2014.
La sua è una storia di passione, impegno e tanti, tantissimi sacrifici. Come professionista, Ottavio muove i suoi primi passi nel ristorante di famiglia al lido di Venezia, un po’ per mettersi alla prova, un po’ per aiutare i genitori: “Ma si sa, quando si ha 18 anni si pensa a tutt’altro!”. E così, tra calici e piatti di portata, cresce in lui il desiderio di saperne di più. “Ti racconto un aneddoto: un giorno due clienti inglesi ordinarono un chianti classico e mi chiesero quali vitigni fossero stati impiegati. Io lì per lì non seppi rispondere e mi sentii fortemente impreparato: non potevo non conoscere ciò che stavo vendendo!”.

Da quel giorno Ottavio si è rimboccato le maniche per offrire ai clienti il miglior servizio possibile. Sostenuto anche dal padre, nel 2008, a soli 22 anni, Ottavio inizia a frequentare i corsi Ais.
“Ero il più giovane del mio corso”, ci racconta, “e a dire il vero ero anche un po’ in soggezione in mezzo a tutte quelle persone molto più grandi di me. Inoltre non riuscivo a percepire ogni singolo sentore: temevo che non ce l’avrei fatta”. Pian piano, però, i risultati sono arrivati, anche grazie a un’inclinazione innata verso la degustazione, che Ottavio riconosce avere “nel dna, nel sangue”. Nel 2010, due anni di studio e sacrifici lo portano non solo a superare brillantemente l’esame del terzo livello Ais, ma anche a essere eletto come miglior corsista della delegazione veneziana.

I colleghi hanno sempre creduto fortemente in lui, al punto da sostenerlo fin dagli inizi e di persuaderlo a intraprendere la strada dei concorsi. Ottavio non ci pensa su due volte: nel 2011 partecipa e vince il concorso per il miglior sommelier del Veneto, per poi prender parte ai diversi master organizzati dall’Associazione: del Sangiovese, del Friulano, del Nebbiolo…

“Ero sempre più convinto di aver intrapreso la strada giusta, così decisi di cimentarmi con una prova ancora più impegnativa: il concorso come Miglior Sommelier d’Italia”. Per chi non lo sapesse, il concorso nazionale è strutturato in diverse prove che trattano non solo di viticoltura ed enologia, ma affrontano il mondo del vino e delle bevande alcoliche a 360 gradi, affiancando alla teoria diverse prove pratiche. Ma si sa che nessun traguardo è irraggiungibile se si scende in campo sfoderando determinazione e perseveranza, e a Ottavio queste doti certo non mancano: “Al tempo, lavorando su turni nel ristorante dei miei genitori, le mie giornate erano così strutturate: prima del servizio mi dedicavo almeno 2-3 ore allo studio della teoria, per poi passare, nel pomeriggio, alla degustazione, all’abbinamento cibo-vino e alla decantazione”.
Un programma di studio intenso e faticoso, intervallato però dai molti viaggi e dalle visite in cantina per conoscere più da vicino il terroir e le tecniche colturali e produttive di vitigni e vini presenti sui molti volumi che negli anni Ottavio aveva accumulato. “Mi reputo comunque molto fortunato”, precisa inoltre, “perché, avendo un ristorante, ho sempre avuto la possibilità di assaggiare moltissimi vini: ogni giorno, infatti, stappavo coi colleghi 2-3 bottiglie e degustavo alla cieca. Ma la cantina, sebben ben fornita, era quella che era, per cui, per degustare tutte le tipologie e i prodotti provenienti dalle aree geografiche più lontane, ho dovuto investire moltissimo nell’acquisto di vino e viaggiare il più possibile”. Ottavio quando parla dei numerosi viaggi si emoziona e li considera delle esperienze preziosissime, fondamentali per comprendere storia e cultura di un luogo…e per educare il proprio palato!

Già, perché anche lui, agli inizi, cede alle lusinghe delle grandi etichette e dei vini un po’ troppo costruiti e poco autentici: “Trovo che però sia anche giusto partire da lì per poi trovare la propria strada. E ben vengano i cambi di rotta durante il viaggio!”. Ci racconta infatti che, ad esempio, inizialmente lo champagne non lo affascinava più di tanto e, di conseguenza, non riusciva a capirlo e ad apprezzarlo: “Solo anni e anni di degustazioni e viaggi mi hanno portato ad approcciarlo in modo molto più profondo e oggi devo ammettere che è uno dei mondi che mi affascina di più. E lo stesso posso dire per i vini della Borgogna, per il Riesling e, rimanendo in Italia, per i grandi Barolo e Brunello”. Vini, quindi, con una storia e una tradizione produttiva importante, predilezione alla quale ha contribuito anche il padre che ha cresciuto il giovane Ottavio “a salame toscano e Sangiovese”.

Ma la sua curiosità è senza fine e il suo palato in continua evoluzione; ecco che quindi, negli ultimi anni, Ottavio inizia a conoscere e ad approcciarsi ai vini cosiddetti “artigianali”, ossia a quei micro produttori profondamente legati alla propria terra: “A tal proposito, una delle cose che faccio spesso per capire il produttore è guardargli le mani per vedere se sono sporche di terra. Quasi sempre questi produttori hanno alle spalle storie bellissime di passione e sacrifici. Ecco, ultimamente è proprio questa l’idea di viticoltura che mi affascina di più, indipendentemente dal fatto che i vini prodotti siano biologici o meno”. Eccolo finalmente: il biologico! E Ottavio su questa scottante questione ha le idee chiare: “Io credo che in questo momento ci sia parecchia confusione: da un lato molti produttori non vogliono certificare il proprio vino come bio anche se le pratiche adottate in vigneto sono completamente naturali, dall’altro sempre più aziende optano per scelte di questo tipo unicamente per finalità pubblicitarie e di marketing. Nonostante queste contraddizioni, questo mondo mi affascina davvero tanto e rispetto a 6-7 anni fa lo sento molto più vicino”. L’importante, però, come Ottavio stesso riconosce, è che si tratti di vini al tempo stesso buoni per l’ambiente e per il palato, puliti e privi di difetti: “Ce ne sono molti di veramente validi e io li ho introdotti con pia- cere e convinzione nella carta dei vini del mio ristorante”.

E i vini Sudafricani? Cosa degusteremo giovedì 15 giugno? Vogliamo qualche anticipazione!
“Alla serata all’Abbazia di Praglia cercherò di accompagnarvi alla scoperta di questo affascinante, nuovo mondo. Anch’io, devo ammetterlo, mi sono avvicinato ai vini Sudafricani piuttosto tardi e, udite udite, all’estero. Penso che questo fatto sia da attribuire al patriottismo di noi italiani, che difendiamo il Made in Italy con le unghie e con i denti. All’estero, invece, specie nei Paesi del Nuovo Mondo, queste tipologie di vini sono conosciute molto meglio: basta andare in un qualsiasi supermercato per trovarsi davanti sconfinate distese di vino, provenienti dalle regioni vitivinicole più disparate. Come tanti, ho iniziato a conoscere il Sudafrica grazie al Pinotage, l’emblema del Sudafrica, anche se al tempo, devo riconoscerlo, molti erano decisamente imbevibili”. Ma Ottavio come sempre non si lascia scoraggiare: studia e viaggia per conoscere i produttori locali e, oltre al Pinotage, scopre pian piano le specificità che assumono qui i grandi vitigni internazionali. Sì, perché è questa la chiave di lettura per capire l’anima della viticoltura Sudafricana e che permetterà, durante la degustazione, interessanti confronti con le declinazioni che Chenin Blanc, Sauvignon e Semillon assumono a differenti latitudini.

Vi abbiamo incuriosito? Non vi resta che attendere impazienti il 15 giugno per scoprire assieme a Ottavio e a noi di Arte & Vino l’essenza di questa splendida regione vitivinicola!